Allo stato attuale delle ricerche, dei circa 12.000 mq di sviluppo stimato dell’edificio, stabiliti sulla base sia delle ricognizioni sia di indagini diagnostiche strumentali, è stato indagato solo un decimo dell’estensione totale ipotizzata. In particolare è stato riportato alla luce un complesso edilizio corrispondente ad un padiglione, composto da un’aula a pianta esagonale, con tre lati delimitati da esedre (c.d. Sala Triloba), l’ingresso della quale è preceduto da un vestibolo attraverso cui si accede, oltre che nella sala centrale, anche in una ambulatio pentalobata che la circonda. Il complesso sala-ambulatio è collegato alle altre strutture della villa (solo in parte scavate) da corridoi e/o da passaggi: infatti a sud della c.d. Sala Triloba è presente un lungo corridoio che dà accesso ad ovest ad alcuni ambienti rettangolari tra loro in comunicazione (vano A, vano B, vano E), mentre ad est ad uno spazio aperto; a nord sono evidenti (ma solo in parte scavati) nuovi complessi architettonici.
L’analisi della stratificazione, sia dei depositi che delle murature, ha permesso di delineare per grandi periodi la successione degli interventi: infatti se la prima fase edilizia, testimoniata al momento solo dalla successione dei vani A, B ed E, è da collocare ancora in piena epoca romana (forse in età basso imperiale), verosimilmente nel corso della metà del IV secolo d.C. l’edificio subisce un notevole ampliamento, con la realizzazione del complesso Sala Polilobata-ambulatio, caratterizzato da un ambiente centrale esalobato.
Per motivi ancora da chiarire questa ristrutturazione non viene terminata, ma nell’ultimo quarto del IV secolo d.C. il progetto iniziale è modificato: nelle aree non costruite vengono alzati i piani di vita con il riporto di argilla, mentre all’interno degli ambienti i piani pavimentali vengono abbassati, esponendo importanti porzioni delle fondazioni. In questa fase la sala esalobata è trasformata in sala triloba, con un pavimento in cementizio a base litica.
Tuttavia, forse per motivi strutturali, forse per contingenze storico-economiche più complesse, la struttura nel corso del V secolo d.C. cessa la sua funzione residenziale, divenendo sede di numerosi ateliers produttivi (per la produzione di ceramica e di oggetti in osso e per il recupero e la lavorazione del vetro e dei metalli), testimoniati sia dalle strutture individuate (fornaci e fosse), sia dagli scarti delle lavorazioni sia da depositi con ampie tracce di attività pirotecnologica: tra il VI e i primi anni del VII secolo d.C. la villa viene sistematicamente spoliata di tutti i suoi arredi, divenendo allo stesso tempo cava di materie prime e deposito dei residui delle lavorazioni.
Giacomo e Sofia Baldini (direttori tecnici dello scavo di Torraccia di Chiusi)
Marco Cavalieri (direttore scientifico, professore di archeologia romana all’Université Catholique de Louvain – Belgio)