La ceramica
Le campagne di scavo condotte presso il sito di Aiano-Torraccia di Chiusi hanno permesso il rinvenimento e lo studio di numerosi reperti ceramici ascrivibili ad un range cronologico, compreso tra la fine del V secolo d.C. e il VII secolo d.C., durante il quale la villa in questione ha subito importanti modifiche strutturali e funzionali che hanno previsto prima l’impianto di officine produttive di vario tipo e poi l’ abbandono dell’area.
Lo studio dei reperti ceramici – finalizzato alla comprensione delle principali fasi di vita del sito in questione ma anche alla conoscenza del territorio in cui gravita – ha permesso di indagare un contesto di forme e tipologie alquanto ricco; infatti, sebbene i nuclei numericamente più rappresentativi delle produzioni attestate siano da riferirsi al vasellame in acroma grezza ed a quello in rivestita da ingobbio rosso, sono presenti anche forme in acroma depurata e semidepurata, come anche lucerne, anfore, opus doliare oltre a frammentarie testimonianze di sigillata africana.
Tali classi ceramiche contribuiscono a caratterizzare le diverse fasi di vita, abbandono, crollo e riutilizzo tardoantico ed altomedievale della struttura di età classica, mentre materiali di periodo preromano stanno offrendo un contributo specifico per analizzare le trasformazioni e la continuità culturale dell’intera area.
Indagini archeometriche eseguite su campioni ceramici in acroma grezza, depurata ed ingobbiata di rosso favoriscono l’ipotesi di una produzione nell’area, se non in loco, dei diversi tipi di materiali ceramici. Nello specifico è stata evidenziata la presenza,come smagrante, in alcuni impasti ceramici in acroma grezza, di frammenti di marmo di natura consimile a quelli pertinenti agli apparati decorativi della villa nella sua fase monumentale.
Enrica Boldrini (Responsabile del laboratorio di ceramica, Università di Firenze)
Antonia Fumo (Archeologa)
La ceramica da fuoco
La classe delle ceramiche realizzate con impasto grezzo è composta da vasellame destinato sicuramente alla cottura dei cibi – olle, tegami, casseruole, colatoi -, ma anche probabilmente alla loro preparazione e conservazione – orcioli, catini e vasi a listello- e a alla mensa – boccali e ciotole – .
Tra le forme chiuse le olle sono presenti in maggior percentuale rispetto al totale del complesso ceramico in acroma grezza. Esse hanno dimensioni medio/piccole (orlo Ø17-20 cm, fondo Ø 8-12 cm., >< pareti tra 0.5 e 0.8 cm), spesso finissime filettature sulla spalla e una o più linee incise a segnare l’inizio del collo; rare le decorazioni che si limitano a pochi casi di onde e/o barrette oblique incise sulla spalla. Sono stati identificati 30 tipi di cui i più rappresentativi della fase di frequentazione più tarda del sito sono :
- Tipo 4: olla con listello esterno e alloggio interno del coperchio
- Tipo 2: olla con orlo estroflesso a fascia esterna e alloggio interno del coperchio
- Tipo 9 : olla con bordo a fascia sagomato e alloggio interno del coperchio
Come le olle anche le casseruole hanno pareti esterne lisciate e i fondi sono staccati a lama dal tornio. Le tracce d’uso su queste forme chiuse, utilizzate per cuocere cibi liquidi e semiliquidi, mostrano annerimenti esterni ed interni diffusi, dato collegabile sia alla qualità tecnologica degli oggetti sia al loro normale uso in contatto molto diretto e ravvicinato con il fuoco e la brace.
Nelle netta prevalenza di olle all’interno del panorama del vasellame in acroma grezza, si affaccia la presenza di piccoli boccali/tazze, con forma panciuta ed anse leggermente insellate, complanari all’orlo; sono eseguiti al tornio lento o a mano.
Le ciotole-coperchio, presentano una tipica forma a calotta schiacciata, orli indistinti, segnati talvolta da lieve solcatura. Si tratta di forme di grandi dimensioni (orlo Ø 30- 36 cm; h. 5-9 cm) con spessori rilevanti (1,5 cm ca.). Hanno superfici scabre e, rispetto alle forme chiuse e ai coperchi di più piccole dimensioni, impasti più grossolani, per accrescere la refrattarietà. Utilizzati forse anche uno sopra l’altro (come “forni da pane/focaccia”), di certo non hanno prese né listelli e solo quando è presente un foro di sfiato si può pensare all’uso di un rampino o gancio che ne faciliti il maneggio.
Infine, la presenza di alcune forme tipiche del panorama medioevale, come i paioli e i testi, poco rilevanti dal punto di vista quantitativo, denota una cultura materiale che si apre ai nuovi modelli formali che saranno presto di riferimento.
Il contesto di ceramiche grezze qui brevemente presentato, è riconducibile ad una produzione artigianale di media qualità, affiancata ad una produzione casalinga, come dimostra anche l’analisi archeometrica di alcuni tra i principali impasti (per cui si rimanda alla sezione dedicata).
Enrica Boldrini (responsabile dello studio della ceramica)
Paola De Idonè (studentessa della scuola di specializzazione in archeologia, Università di Firenze)
La ceramica rivestita di rosso
Le ceramiche rivestite di rosso rinvenute presso la villa di Torraccia di Chiusi possono ascriversi al fenomeno di imitazione da parte di atelier italici di vasi da mensa tipici della sigillata africana. Tale imitazione, iniziata intorno al II sec. d.C. si intensifica a partire dal IV sec. e continua fino al VII sec.: proprio a quest’ultima fase possiamo riferire i frammenti rinvenuti ad Aiano-Torraccia di Chiusi che sembrano potersi collocare in un arco cronologico che si aggira, probabilmente, tra la seconda metà-fine V secolo e la fine VII secolo d.C.
Il corredo è composto per lo più da ciotole, coppe, piatti, vasi a listello, scodelle con orlo a tesa orizzontale, bacili, coppe carenate, brocche, boccali, bottiglie e coperchi.La maggioranza delle forme, sia chiuse sia aperte, presenta sulle pareti esterne una lisciatura a panno ed una colorazione dalle tonalità che variano dall’arancio al rosso/bruno e che, applicata per immersione o con ampie pennellate, copre interamente o parzialmente i vasi.
A proposito della colorazione, le indagini archeometriche eseguite hanno individuato, sia nel corpo ceramico sia nell’ingobbio, la presenza di ematite; l’ingobbio inoltre, arricchito di ematite, mostra caratteristiche composizionali del tutto simili a quelle dell’impasto, ma con una granulometria più fine e ciò conferma un processo di decantazione ed una maggiore depurazione della materia prima.
Inoltre, le analisi hanno identificato quattro diversi gruppi di impasto caratterizzati da una certa affinità composizionale che permette di affermare che le ingobbiate di rosso di Aiano-Torraccia di Chusi sono state realizzate con argille depurate, prive di aggiunta di smagranti e caratterizzate dalla presenza di quarzo, feldspati e plagioclasi. Gli inclusi di quarzo omogenei, unimodali e subarrotondati, inducono ad ipotizzare un’argilla di partenza erosa da un lungo trasporto fluviale. La temperatura di cottura è ipotizzabile tra gli 800-900°C o di poco superiore ai 900°C ma, in ogni caso, non maggiore ai 1000°C, giacché non è presente vetrificazione dell’ematite rinvenuta. L’ambiente di cottura è sempre di tipo ossidante.
Antonia Fumo (Archeologa)
Vedere anche l’articolo : Le ceramiche rivestite di rosso della villa di Aiano-Torraccia di Chiusi (San Gimignano, Siena): uno studio archeologico e archeometrico. FOLD&R: 178.